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9 gennaio 2011

La crisi




In un’epoca contrassegnata da una crisi economica abbastanza dura, tutti manifestano, scrivono e si lamentano per questo o quello che non va bene, anzi, qualcuno più audace e arrabbiato minaccia pure di lasciare il bel paese, sicuramente su di un nave da crociera, per raggiungere un non meglio specificato paese del Bengodi. Chi invece ha girato all'opposto il pianeta toccando con mano la vera disperazione umana, torna alla svelta e ringrazia il fato di essere nato qui. La crisi c’è ed è innegabile, ma oltre che economica a mio modesto avviso è pure morale. Sembra che ci si lamenti perché il panino a colazione è imbottito con l’umile mortadella anziché di pregiato prosciutto crudo san Daniele. Abbiamo il più alto numero in percentuale di proprietari di casa. Il parco autovetture della popolazione è tutt'altro che a livello cubano. Una presenza massiccia di centri benessere, palestre, parchi divertimento e tante altre cose proprie dei paesi ricchi. Per uscire in pizzeria o al ristorante bisogna prenotare, oppure rischiare code d’attesa generazionali. Per le ferie d’agosto, se non si prenota a marzo non si trova più posto ovunque. A Natale si emigra in massa per le isole tropicali e nella stagione calda tutti in Lapponia a cercare refrigerio. E tante altre ipocrisie che elencarle tutte sarebbe interminabile, e se questa è l’immagine del nostro paese alla fame, figuriamoci cosa pensano di noi i paesi veramente alla carestia. In Algeria proprio in questi giorni, la rivolta disperata del popolo per il prezzo del pane miete morti con sofferenze atroci e devastazioni, da noi la rivolta è sdegnata solo perché al ristorante di fiducia il caviale servito non è Beluga, o perché per acquistare il plasma da sessanta pollici bisogna aspettare incredibilmente tre giorni. Sono casualmente terminate le festività di fine anno, e sono stati letteralmente bruciati in inutili e pericolosi botti decine di milioni di euro. Tutti i ristoranti e alberghi, anche resort di lusso, hanno registrato il tutto esaurito, con prezzi non proprio da campeggio nella Pampa, cercare poi una camera per sciare con comodità in montagna è in pratica impossibile. In questi giorni d’inizio saldi l’apoteosi dello scialacquamento selvaggio e incontrollato contagia tutti, ricchi e poveri, con acquisti votati più al tecnologico di ultima generazione, profumerie, marchio alla moda e altre banalità, che un più lungimirante governo di un paese completamente allo sbando proibirebbe d’ufficio imponendo la legge marziale per promuovere l’austerità. Se c’è la crisi nera, sarebbe più giusto e dignitoso acquistare derrate alimentari oppure risparmiare. Evidentemente non è proprio cosi la faccenda, sempre che i milioni di beati spendaccioni non siano magnati in incognito, politici, faccendieri, dignitari o facenti mestieri ad alto reddito. Le televisioni trasmettono di continuo immagini di lunghe file già all'esterno delle boutique di lusso, con gente in lacrime straziata dal dolore, perché il tubino griffato non è del colore adatto per abbinare gli stivaloni scamosciati da buttero, chissà che vergogna e figuraccia presentarsi alle happy hour perenni cosi maldestramente conciati. Possibile che tutta questa gente che sperpera a piene mani sia solo figlia di notabili togati? Insomma, bisogna decidersi, se c’è, veramente, la crisi sarebbe meglio comportarsi di conseguenza, altrimenti è più utile tacere per rispetto dei tanti meno abbienti, che abbondano più che altro all'estero. Comunque, giacché la matematica è l’unica cosa nell'universo non opinabile, ritengo che pur in qualche maniera il popolo nostrano debba trovare i denari per non perdersi nulla della sfavillante vita cui tutti sembrano appartenere, mai sentito un non indigeno lamentarsi e questo dovrebbe far riflettere, anche perché questi ultimi hanno, fortunatamente loro, più progenie da sfamare. Come fanno allora tutti gli autoctoni spendaccioni a sopravvivere? Semplice, in pubblico sono tutti belli, spensierati e agiati, entro le mura domestiche piangono miseria, e poi la urlano al mondo intero chiedendo aiuto, in più risparmiano ignominiosamente di nascosto per le prime necessità famigliari che hanno accompagnato la nostra curiosa razza fin dai bei tempi dell’epopea di Lucy. “Essere più che apparire”, questo era il sano principio morale e il giusto modus vivendi dei nostri più illuminati avi, che hanno attraversato millenni di privazioni, miseria, duro lavoro e con frotte di figli da sfamare, senza contare le interminabili brutali guerre e terribili pestilenze, e nonostante tutte le tremende avversità hanno resistito stoicamente per noi per tramandarci amorevolmente un tranquillo e agiato futuro, che con la nostra stupidità e arroganza stiamo allegramente distruggendo.